Provincia di Cagliari: Ambiente & Civiltà – CAPITOLO II – ARCHEOLOGIA E STORIA
Piero Meloni: La Sardegna meridionale nell’epoca punica e romana
Appena ridotta, assieme alla Corsica, alla condizione di provincia nel 227, la Sardegna cominciò a conoscere appieno la durezza dell’occupazione romana che faceva rimpiangere, sotto alcuni aspetti, quella cartaginese. Tutto il suo territorio divenne agro pubblico del popolo romano: in parte esso fu restituito ai vecchi proprietari sardo-punici in forma di usufrutto, in parte fu assegnato a società di appaltatori o a gruppi familiari per il loro sfruttamento.
La Sardegna, abbiamo detto, fu attraversata da una fitta rete stradale; lo attestano un documento dei primi decenni del III secolo d.Cr., che va sotto il nome di Itinerario Antoniano, i miliari, tratti di massicciata, resti di ponti, nomi di località. Da Carales partivano cinque grandi strade: quella occidentale, che toccava i centri costieri giungendo a Turris Libisonis (Porto Torres) e, più a nord, a Tibula (S. Teresa di Gallura); quella che attraverso la valle del Cixerri giungeva a Sulci; quella che calcava, grosso modo, il tracciato dell’odierna Carlo Felice dividendosi, all’altezza di Bonorva, in due rami, uno che aveva come stazione terminale Turris Libisonis, l’altro Olbia; una quarta strada, di interesse tipicamente militare, toccava Biora (Serri), si addentrava nelle zone interne e, all’altezza della stazione di Monti, si collegava con la precedente; una quinta, infine, toccava i centri della costa orientale e raggiungeva, anch’essa, Tibula.
Altra via di romanizzazione fu l’arruolamento di Sardi nelle forze armate romane: nelle legioni servivano quanti godevano della cittadinanza romana, nelle coorti di ausiliari e nella flotta gli altri, i peregrini. Le coorti attestate in Sardegna durante l’impero sono quelle di Corsi, di Liguri, di Sardi stessi, di Aquitani dalla Gallia, di Lusitani dalla Spagna, di Mauri e di Afri. L’incentivo all’arruolamento era dato, non solo dalla sicurezza di una carriera ben retribuita, ma anche dalla cittadinanza romana che veniva concessa ai militari ed alle loro mogli alla fine del servizio e, fino al 140 circa, anche ai loro figli, un privilegio, quest’ultimo, che da questa data fu riservato ai figli degli ufficiali subalterni.
Quando i Vandali occuparono la Sardegna, trovarono le regioni meridionali dell’isola prostrate dalle incursioni dal mare, soprattutto nelle città costiere, una economia in fase di profonda recessione per i rapporti interrotti con la penisola e con l’autorità centrale, una popolazione oggetto di una lunga occupazione di tipo coloniale che parlava, in buona parte, la lingua dei dominatori, la quale aveva lasciato sopravvivere molto poco di quella indigena. Ormai si può dire che erano solo le zone interne delle Barbagie, l’antica Barbaria, a mantenere i caratteri peculiari della civiltà sarda e a difenderli in condizioni sempre più difficili.
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